Asset, cos’è o cosa sono? Quei tesori aziendali che contano… anche quando non si vedono.

Asset, cos’è o cosa sono? Quei tesori aziendali che contano… anche quando non si vedono.

Asset le origini linguistiche.

Per capire il significato della parola Asset dobbiamo compiere un viaggio nel tempo e nei luoghi. L’etimo della parola asset (o assets) è una piccola avventura linguistica che parte dal antico Latino, arriva nel Medioevo al francese e si tuffa nell’economia anglosassone moderna.

Etymonline attesta come documentato al 1580 l’uso della parola anglo-francese assetz in qualità di “proprietà sufficiente“. Questo termine deriva dall’antico francese “assez”, che significava abbastanzasufficiente; che a sua volta deriva dal latino “ad satis”, che si traduce letteralmente come a sufficienza (ad = verso, satis = abbastanza).

Nella pratica medievale, “assez” infatti veniva usato nel diritto per indicare che una persona aveva abbastanza beni per pagare i debiti.

Nel diritto anglo-normanno, si diceva “assez biens” (abbastanza beni), da cui poi, per ellissi e uso comune, si è passati all’inglese assets, ovvero i beni sufficienti a coprire le obbligazioni, ed è attestato l’uso al singolare asset dal 1972 sempre inteso come “beni”.

Nella lingua italiana la radice latina satis ha preso direzioni diverse, che sono germogliate nelle parole:
assai, soddisfare, sazietà, saturo, satollo ma anche satira,
tutte parole che non possiamo usare per tradurre la direzione di significato presa nel medioevo nel nord dell’Europa.

Dall’etimo al significato moderno.

Nel tempo, asset ha assunto il significato moderno di bene economico o risorsa di valore, sia tangibile che intangibile, che può essere utilizzata per produrre valore, generare reddito o coprire passività.

In contabilità, è tutto ciò che una persona o un’impresa possiede e che ha valore patrimoniale positivo.

Il significato moderno: asset tangibili e intangibili.

Nel mondo economico contemporaneo, asset è diventato sinonimo di bene o risorsa di valore economico, utile a generare reddito, coprire passività o sostenere l’attività d’impresa.

Gli asset possono essere materiali – come fabbricati, macchinari, conti correnti – oppure immateriali – come brevetti, software, know-how o marchi.

In contabilità italiana, si usano parole come attivitàbeni, o risorse, a seconda del contesto. Tutti sinonimi rispettabili, anche se a volte sembrano un po’ freddi rispetto alla vivacità del termine inglese. Tuttavia, in bilancio, quegli asset finiscono sempre dalla stessa parte: nell’attivo patrimoniale, pronti a raccontare cosa possiede l’impresa e cosa può usare per crescere.

Come si classificano gli asset?

Gli asset si dividono generalmente in due grandi famiglie:

  • Asset correnti: sono quelli che si possono trasformare in liquidità nel breve periodo (entro un anno), come la liquidità, i crediti, gli stock di magazzino.

  • Asset non correnti: restano a lungo nei registri e nei piani strategici. Parliamo di immobili, impianti, investimenti, ma anche di brevetti o software proprietari.

Da un punto di vista contabile, questi elementi aiutano a valutare la solidità patrimoniale di un’azienda e rappresentano la base per ogni decisione su investimenti, finanziamenti e sviluppo.

Quando l’asset non entra nel bilancio (ma vale tantissimo).

Ed ecco la magia – o il paradosso – degli asset: alcuni tra i più preziosi non compaiono nei libri contabili. Non perché siano nascosti, ma perché la contabilità tradizionale non li può misurare in modo oggettivo. Stiamo parlando degli asset intangibili come: il valore del marchio, le relazioni con i clienti, la qualità dei dipendenti, la reputazione, il capitale intellettuale.

Prendiamo una squadra affiatata e competente: non c’è una voce di bilancio che dica quanto vale, eppure può decidere il destino di un’azienda. O pensiamo alla fedeltà dei clienti: non esiste tra le righe di un bilancio, eppure costruisce fatturati e previsioni future. La verità? Molto di ciò che conta davvero vive fuori dallo stato patrimoniale.

Marketing e Contabilità: due sguardi, un solo obiettivo.

Nel marketing, la parola “asset” si accende di nuovi significati. Diventa tutto ciò che costruisce valore di mercato: un marchio forte, un processo distintivo, una base clienti solida, una rete di fornitori affidabili, un posizionamento chiaro. Tutti elementi strategici che non compaiono nei numeri, ma che fanno la differenza nel tempo.

La contabilità si basa sulla misurabilità. Il marketing si basa sulla percezione e sulla relazione. Due mondi diversi? In realtà no: sono due modi di vedere valore uno da contare e uno da raccontare.

Alla fine, “asset” non è solo una parola da bilancio. È un concetto che unisce contabilità e strategia, numeri e visione. Saperlo riconoscere in tutte le sue forme – visibili e invisibili – è la chiave per una gestione consapevole e per una crescita sostenibile.

Chi si limita a contare gli asset, rischia di perdersi il racconto che fanno. E quel racconto, a volte, vale più di tutto il resto.

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